King’s Singers – Madrigal History Tour – Spagna

In questa tappa, i K.S. si ritroveranno in Spagna per la riscoperta di quello che impropriamente definisco il madrigale spagnolo, ovvero il "villancico".

Il villancico è un genere musicale sorto in Spagna alla fine del XV secolo che fu in auge durante il Rinascimento e il primo barocco, oltre che in Spagna, anche nelle colonie del Nuovo Mondo. Il significato odierno del termine in lingua castigliana equivale a canto popolare natalizio.

Lo stile del villancico rinascimentale potrebbe dirsi affine a quello di altre forme musicali sviluppatesi contemporaneamente in altre aree d’Europa, come ad esempio la frottola italiana o la chanson francese, ma ad un’attenta analisi dal punto di vista testuale e metrico, esso ci appare di carattere squisitamente iberico.

Il termine, diminutivo di villano (contadino), appare per la prima volta alla fine del XV secolo ed indica una particolare forma di composizione musicale e poetica consistente in numerose strofe (coplas), unite da un ritornello (estribillo). Generalmente non basato su testi poetici, il villancico visse il suo massimo splendore tra XV e XVI secolo. Almeno in una prima fase, tra gli argomenti preferiti, un posto di riguardo spetta all’amore cortese, ma i villancicos potevano anche muovere da precise occasioni storiche, rendere omaggio ad una città o ad un personaggio illustre, oppure commentare comuni avvenimenti di corte, senza contare le innumerevoli composizioni di argomento sacro, comunque mai in latino.

A partire dalla seconda metà del XVI secolo, il villancico iniziò ad evolversi, venendo ad essere fortemente influenzato dallo stile italiano, ed autori come Juan Vásquez, seppero unire il suo stile popolaresco all’eleganza del madrigale, tramite alcuni accorgimenti: l’estribillo fu ampliato e spesso la copla venne fusa ad esso senza soluzioni di continuità tra una e l’altra sezione; i testi si fecero più ricchi di ornamenti, anche se il gusto popolare non scomparve.

Lo scrittore e compositore Juan del Encina, nel suo trattato "Arte de Poesía Castellana" è il primo a stabilire che il villancico, grazie alla flessibilità conferitagli dalla varietà dei testi e dei temi, è una composizione principalmente musicale e non deve essere necessariamente basata sul verso tradizionale, mentre Díaz Rengifo, nel suo "Arte Poética" (1592), definisce il villancico essenzialmente come canzone e non solo componimento poetico. Alcune delle caratteristiche metriche pressoché comuni tra i vari villancicos, come la curiosa asimmetria tra il verso e la musica, mostrano profondi legami con alcune composizioni monofoniche medievali come il virelai, la lauda, la ballata o la cantiga (o cántiga). Veri e propri prototipi di villancico appaiono già nella grande collezione di canti popolari e semi-religiosi, le Cantigas de Santa Maria, e la sorprendente corrispondenza delle forme metriche (AA, BBBA) di tali composizioni ci riporta alla forma dello zajal della cultura arabo-andalusa.

Nella forma classica del villancico, la melodia del canto, sempre privilegiata, è appoggiata ad un basso che regge un buon telaio d’armonie realizzate dalle voci interne; la parte del superius è, inoltre, generalmente l’unica a cui venga associato un testo, il quale viene seguito dalla melodia in maniera sillabica; le stesse chiuse dei versi corrispondono in genere alle varie cadenze. Il decorso orizzontale s’orienta secondo procedimenti tonali ante litteram: d’altronde, basti pensare che vi sono villancicos costruiti anche su schemi di danze (notoriamente più vicini, anche in periodo rinascimentale, al linguaggio tonale), come passamezzo o folía. La polifonia si sviluppa generalmente attraverso l’instaurazione di un sapiente contrappunto derivato dall’imitazione delle singole frasi musicali tra le varie parti, anche se lo stile omofonico ed omoritmico non è affatto insolito. Il metro, in genere binario, è occasionalmente accostato a ritmi ternari, mentre il verso è di regola ottosillabico anche se spesso ne vengono interposti di più brevi.

Una versione del villancico da citare è quella sacra. I temi religiosi, infatti, presenti comunque sin dalle origini, nello spirito della Controriforma acquisirono un’importanza sempre maggiore; forme di villancico cominciarono ad essere utilizzate come vere e proprie composizioni sacre in lingua volgare, introducendosi a pieno titolo nelle tradizioni di alcune importanti feste come il Natale. Molti villancicos di tale genere appaiono in varie raccolte dell’epoca rinascimentale (vd. Cancionero de Uppsala). È in quest’ultima forma che il villancico fu divulgato nelle colonie del Nuovo Mondo.

Il villancico, fu esportato nel Nuovo Mondo unicamente in veste di composizione sacra. Esso appare nel periodo compreso tra la conquista e il 1650 come una vivace composizione polifonica, quasi sempre su ritmo ternario, rinforzata presumibilmente da accompagnamenti strumentali. Numerosi villancicos sacri di forma tradizionale furono composti nei vicereami di Nuova Spagna e del Perù per l’ufficio liturgico dei giorni festivi nonostante le ordinanze che, almeno in teoria, ne riducevano le possibilità d’esecuzione durante le funzioni religiose. Tra le responsabilità di ogni maestro de capilla vi era anche quella di comporre nuovi villancicos che sostituissero i mottetti e i responsori in latino.

Quella liturgica non era però l’unica destinazione dei nuovi villancicos che, pur mantenendo il loro carattere sacro, furono impiegati come componente indispensabile della festività e delle sue manifestazioni che si svolgevano al di fuori del luogo sacro.

Nella sua forma puramente classica, il villancico, nei primi decenni della colonizzazione spagnola in America, si conservò pressoché inalterato, mantenendo la bipartizione di estribillo e copla, introducendo talvolta l’uso della responsión (risposta salmodica) tra soli e coro o addirittura, in alcuni casi, anche tra quest’ultimo e il popolo che partecipava alla liturgia.

Solo parecchio tempo dopo, durante il corso del ‘700 il villancico tradizionale iniziò a mutare aspetto in maniera sostanziale, trasformandosi in una sorta di breve cantata, divisa in arie e recitativi, accogliendo anche influenze belcantistiche italiane.

(Articolo tratto da Wikipedia)

Nel XVI secolo la Spagna era il paese più potente d’Europa

La tricotea Anonimo/Franco Alonso (c.1490?1520)

 

La tricotea,
sa Martin la vea.
Abres un poc
al agua y señalea.

La bota senbra tuleta,
la señal d’un chapiré.
Ge que te gus per mundo spesa.
La botilla plena,
Dama, qui maina,
cerrali la vena,
Orli, cerli, trun, madama,
cerlicer, cerrarli ben,
votr’ami contrari ben.
Niqui, niquidón,
formagidón, formagidón.
Yo soy monarchea
de grande nobrea.
Dama, por amor,
dama bel, sé mea,
dama, yo la vea.

Yo é clavar el molin
y untar el batán.
No me des pan
nin torresne de tosín.

La bota…

La prostituta
san Martino la vide
e dopo un po’
andò a bere dell’acqua.

Il mio stivale sembra impazzito,
è il segnale che devo scappare,
io che ti ho scolata fino all’ultima goccia sbronzo per il mondo.
La bottiglia piena
è una dama di compagnia:
spremi la vigna,
dagli, stringi, trun!, Madama,
schiaccia bene!
Incontrerete un vostro buon amico,
gnicche, gnicche,
don Formaggio, don Formaggio!
Io son monarca
di grande nobiltà,
dama bella,
dama sei mia per amore.
Questa dama l’ho vista io.

Devo riparare il mulino coi chiodi
e ingrassare il battitoio:
non mi fa il panno,
e il rullo ne schiaccia di fanciulle.

Il mio stivale…

Con questa gioiosa esaltazione dell’amore i King’s Singers "approdano" a Salamanca, qui sorgeva un’importante città in cui i romani costruirono un grande ponte. Poi vi vissero i Mori fino alla loro cacciata nel XII sec. Gran parte della città risale a quel periodo. Le due cattedrali e le tre università dominano su tutto. Un detto infati dice che tutto o tutti prima o poi passano per Salamanca (come Roma). Luogo ideale per partire il loro viaggio in Spagna. Ogni strada intorno a "Plaza Mayor" svela dei tesori, ma il loro preferito è il convento dei Duenos ancora usato dai Domenicani, in cui eseguiranno: Din dirin din che parla di una giovane donna che va in un prato di buon mattino per dare ad un usignolo un messaggio per il suo amante: "Digli che non posso più vederlo perchè ora sono sposata".

Din dirin din – Cancionero Musical de Palacio (raccolta di melodie popolari riadattate per il re Ferdinando e la regina isabella)

– di cui non ho trovato il file su you tube e potete sentire solo scarse registrazioni –

Una particolarità di Salamanca sono le due cattedrali costruite l’una accanto all’altra. Qui la nuova non ha preso il posto della vecchia. La vecchia cattedrale fu iniziata nel XII secolo, dopo la reconquita. Le possenti mura e le torri fanno pensare ad una fortezza. In effetti il borgomastro vi si rifugiava durante gli assedi. La nuova fu iniziata tre secoli dopo, nel 1513, e sembra esprimere la fierezza della nazione che pochi anni prima aveva aperto l strada verso il Nuovo Mondo. Alcuni vedono nel suo profilo dei cavalieri con le lance al vento. C’è anche il monumento di Cristoforo Colombo. egli ebbe accese discussioni sulla via per raggiungere le Indie nel vicino monastero di St. Esteban. Dovunque a Salamanca si incontrano chiese e…. (v video)

De Los Alamòs – Juan Vasquez

De los álamos vengo, madre,

de ver cómo los menea el ayre.
De los álamos de Sevilla,

de ver a mi linda amiga.
De los álamos vengo, madre,

de ver cómo los menea el ayre.

Questo "villancico" di Juan Vasquez, ci ha portato davanti a una delle più belle facciate in stile plateresco, non solo di Salamanca, ma di tutta la Spagna. E’ l’edificio principale dell’Università Pontificia, una tra le più antiche al mondo. Fu fondata nel XIII secolo e fu la prima ad avere una cattedra di Musica. Oxford per esempio l’ebbe solo due secoli dopo. Al centro dell’università c’è questa bella piazza dalla quale si accede alle Escluelas Menores, Lì, in un’aula, si trova un bellissimo soffitto affrescato, "il cielo di Salamanca", sotto il quale canteremo: "Gentil Senora mia".  Di nuovo un innamorato che si strugge per d’un amore non ricambiato. Inizia così: " Mia affascinante signora, i vostri occhi mi parlano".

Gentil Senora Mia – Juan Velasquez

– video non trovato –

La piazza dell’università è dominata dalla statua di Luis de Leon, uno deo suoi più illustri insegnanti. Visse al tempo dell’Inquisizione e ne fu perseguitato. Per 5 fu interrogato perchè sospettato di eresia. La corte di Valladolid lo dichiarò colpevole, ma quando gli atti vennero mandati a Madrid per la ratifica, la Corte Suprema ribaltò il verdetto e frate Luis riebbe la sua cattedra a Salamanca, compresi gli stipendi in arretrato. Nell’aula dove siamo – nel video intero – frate Luis riprese le sue lezioni dopo 5 anni con la frase: "Come dicevamo ieri…". Il compositore del prossimo pezzo era laureato in Giurisprudenza. Juan de Encina, figlio di un Calzolaio di Salamanca, diventò drammaturgo, compositore, cortigiano e infine prete. "Il cuculo" è un tipico villancico allegro e spiritoso, una forma in cui Encina eccelleva, nonstante la vocazione religiosa. Per la sua abitudine di occupare i nidi altrui simboleggiava il cornificatore. Questo è un invito a non perdere d’occhio le proprie mogli.

Il cuculo – Juan del Encina

La Spagna è famosa per i suoi castelli e questa regione ne è piena. Ce nè per tutti i gusti, dal gotico fiabescodell’Alcazar a Segovia, agli austeri bastioni di Avila a Penafiel, che sembra una nave arenatasi sulla collina. Molti sono un retaggio centenario contro i Mori. I loro 700 anni di occupazione si sentono nell’arte spagnola. Come nel prossimo madrigale "Tres Morillas". E’ una melodia tradizionale araba che loda tre bellezze more: Axay, Fatima e Marien.

Tres Morillas

Tres morillas
me enamoran
en Jaén:
Axa, Fátima y Marién.
Tres morillas tan garridas
iban a coger olivas,
y hallábanlas cogidas
en Jaén:
Axa, Fátima y Marién.
Y hallábanlas cogidas
y tornaban desmaídas
y las colores perdidas
en Jaén:
Axa, Fátima y Marién.
Tres morillas tan lozanas
Iban a coger manzanas
y hallábanlas tomadas
en Jaén:
Axa, Fátima y Marién.
Díjeles ¿Quién sois, señoras,
de mi vida robadoras?
Cristianas que éramos moras
en Jaén:
Axa, Fátima y Marién.

Tre morettine mi
innamorarono a Jaén:
Axa, Fátima e Marién.
Tre morettine leggiadre
che andavano a cogliere
olive e le trovarono già
raccolte a Jaén: Axa,
Fátima e Marién.
Le trovarono raccolte e
tornarono smagrite con
le guance scolorite a
Jaén: Axa, Fátima e
Marién.
Tre morette così belle
andarono a cogliere mele
e le trovarono già colte a
Jaén: Axa, Fátima e
Marién.
Dissi: “Chi siete, signore
belle, ladre della mia
vita?” “Cristiane una
volta more a Jaén: Axa,
Fátima e Marién

Appena terminata la cacciata dei Mori la Spagna dovette affrontare un nuova frontiera: il Nuovo Mondo. Il salasso di manodopera fu così grande che in piccole città come Santillana del Mar lo sviluppo si arrestò per secoli. Oggi la città è uguale a come era nel XVI secolo. Tantissimi giovani delle famiglie più importanti andarono in America e non tornarono mai più. La vita qui è ancora vicina alla terra, operosa e semplice. Ora c’è grande tranquillità, ma se sitrovasse morta una moglie, come nel prossimo madrigale, le grida farebbero il giro della città.

Fata la parte

Nel Medioevo la città era ricca e potente perchè era meta di pellegrinaggi. Questo monastero – semprenel video – custodisce le reliquie di Santa Juliana, che fu martire in Asia Minore. Santillana è una contrazione del suo nome. Un’ecpo della gloria passata si trova nell’oro e nell’argento dell’altare. provenienti dal Nuovo Mondo.

Qui canteranno il loro ultimo pezzo. E’ una delle "ensaladas" di Matteo Flecha, dei lunghi pezzi composti da melodie popolari da cantare a Natale. Descrivono viaggi avventurosi che finiscono invariabilmente alla culla del Bambino Gesù. Questa "ensalada" intitolata "la Bomba" (la pompa), inizia con una nave sul mare in tempesta. Tutti gli uomini vengono chiamati alle pompe. Si arriva al naufragio, ma l’equipaggio si salva pregando al Vergine Maria. Segue la festa guidata da un chitarrista che ha salvato e accordato la sua chitarra. Il pezzo è un’allegoria della nave della vita e si chiude con una morale in latino: "L’uomo è in pericolo sul mare quanto lo è sulla terra e in cattiva compagnia". 

La Bomba – Mateo Flecha (ensaladas)

¡Bomba, bomba, y agua fuera!
¡Vayan los cargos al mar
que nos ymos anegar!
¡Do remedio no se espera!
¡A l’escota socorred!
¡Vosotros id al timón!
¡Qué espacio! ¡Corred, corred!
¿No veis nuestra perdición?
Essas gúmenas cortad
porque se amaine la vela.
¡Hazia acá contrapesad!
¡Oh, que la nave se asuela!
¡Mandad calafetear
que quizá dará remedio!
¡Ya no ay tiempo ni lugar,
que la nau se abre por medio!
¿Qué haremos?
¿Si aprovechará nadar?
¡Oh, que está tan bravo el mar,
que todos pereçeremos!
Pipas y tablas tomemos.
Mas, triste yo, ¿que haré?
Que yo, que no sé nadar, ¡moriré!
Virgen madre, yo prometo
Rezar con tino tus horas.
Si, Juan, tu escapas, hiermo moras.
Monserrate luego meto.
Yo, triste, ofrezco también,
en saliendo deste lago,
ir descalço a Santiago,
eu yendo a Jerusalén.
¡Santa Virgen de Loreto,
sant Ginés, socorrednos!
¡Que me ahogo, santo Dios !
¡Sant Elmo, santo bendito!
¡Oh, virgen de Guadalupe,
nuestra maldad no te ocupe.
¡Señora de Monserrate,
oý, señora y gran rescate!
¡Oh gran socorro y bonança!
¡Nave viene en que escapemos!
¡Allegad, allegad que pereçeremos!
¡Socorred, no aya tardança!
¡No sea un punto detenido,
señores, esse batel!
¡Oh, qué ventura he tenido,
pues que pude entrar en él!
Gratias agamus Domino Deo nostro.
Dignum et justum est,
de tan grande beneficio
reçebido en este dia.
Cantemos con alegría
Todos hoy por su servicio.
¡Ea, ea, sus, empecemos!
Empieça tú, Gil Piçarra,
A tañer con tu guitarra
Y nosotros te ayudaremos.
Esperad que esté templada.
Tiemplala bien, hi de ruin.
Dendén, dendén, dindirindín.
¡Oh, como está destemplada!
¡Acaba, maldito, ya!
Dendén, dendén, dindirindín.
¡Es por demás!
Sube, sube un poco más.
Dendén, dendén, dindirindín.
¡Muy bien está!
Ande pues, nuestro apellido,
el tañer con el cantar
concordes en alabar
a Jesús rezién nacido.
Dindirindín, dindirindín.
Bendito el que ha venido
A librarnos de agonía
bendito sea este día
que nasció el contentamiento.
Remedió su advenimiento
mil enojos.
Dindirindín, dindirindín
Benditos sean los ojos
Que con piedad nos miraron
Y benditos, que ansí amansaron
Tal fortuna.
No quede congoxa alguna,
Demos prissa al navegar
poys o vento nos ha de llevar.
¡Garrido es el vendaval!
No se vio bonança igual
sobre tan gran desatiento.
Bien ayas tú, viento,
que ansí me ayudas contra fortuna.
Gritá, gritá, todos a una gritá:
¡Bonança, bonança, salvamento!
Miedo ovistes al tormento,
no tuviendo ya sperança.
¡O modicae fidei!
Ello está muy bien ansí.
Gala es todo, a nadie hoy duela
la gala chinela, la gala chinela.
Mucho prometemos en tormenta fiera
mas, luego ofrecemos infinita çera.
De la gala chinela, la gala chinela.
¡A Dios, señores!
¡A la vela!
Nam si pericula sunt in mari,
pericula sunt in terra
et pericula in falsis gratribus.

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